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di Storia
delle Alpi

 
 

Call for paper Dorsale cattolica e dorsale alpina nel lungo Cinquecento Dorsale catholique et dorsale alpine au long XVIe siècle

11.01.2017

 

Dorsale cattolica e dorsale alpina nel lungo Cinquecento,

tra poteri politici e Controriforma

Università degli Studi, Milano (2017)

Sono trascorsi già alcuni decenni da quanto René Taveneaux ha parlato per la prima volta di Dorsale catholique, intendo con questo termine quello spazio di frontiera che, riprendendo in gran parte i confini dell’antica Lotaringia, ha segnato, e ancora segna, la zona di confine fra Europa cattolica ed Europa protestante. Si tratta di un linea che inizia nei Paesi Bassi Meridionali, passa per la Lorena e la Savoia per arrivare sino alla Lombardia e all’Austria Interna. Essa è caratterizzata, sempre secondo lo studioso francese, dalla presenza di un Cattolicesimo dai molti tratti comuni. A seguire la linea tracciata da Taveneaux ci si rende facilmente conto che, per un lungo tratto, la dorsale cattolica si sovrappone all’arco alpino. Sino ad oggi, a dispetto della fortuna della linea di ricerca indicata dallo studioso (specialmente nella storiografia di lingua francese), sembra agli organizzatori che la dimensione alpina della dorsale non sia ancora stata studiata per se. Il convegno ambisce a colmare proprio questa lacuna. La domanda centrale che si vuole porre è se, tra ’400 e primo ’600, prima cioè di quella ‘crisi giansenista’ che è stato l’oggetto principale di indagine di Taveneaux, la dorsale cattolica alpina sia da intendersi come una semplice frontiera confessionale e geografica o se, piuttosto, essa già presenti tratti comuni. O, ancora, qualora questi tratti venissero rintracciati, ci si intende domandare se essi siano da ascriversi ad alcune particolarità geografiche, e culturali, diffuse nell’intero arco alpino o se, piuttosto, essi vadano ricondotti all’evoluzione del Cattolicesimo tardo-medievale o all’affermarsi di quello post-tridentino.

Da un punto di vista geografico, le zone che vorrebbero essere prese in esame corrispondono – con la necessaria approssimazione – alle parti prealpine e alpine delle diocesi storiche di Aosta, Basilea, Belley, Bergamo, Besançon, Brescia, Bressanone, Coira, Como, Costanza, Embrun, Ginevra (poi con sede a Annecy), Grenoble, Ivrea, Losanna, Maurienne, Milano, Novara, Sion, Tarentaise, Torino e Vienne. Si tratta di territori che, in seguito all’affermarsi della Riforma, si vennero a trovare sulla frontiera del Cattolicesimo, chi in prima linea, chi in seconda; intendendo con i primi quelli confinanti direttamente con paesi protestanti (e alle volte avendo parti delle diocesi passate al Protestantesimo) e, con i secondi, quelli che, pur mancando di un contatto diretto, erano però abbastanza vicini al mondo protestante da averne dimestichezza, spesso grazie al flusso di uomini attraverso i valichi alpini e allo scambio di merci e di maestranze. Da un punto di vista cronologico il convegno è interessato a considerare quella forbice che va dalla seconda metà del Quattrocento fino ai primi decenni dopo la pace di Vestfalia.

 

Di fronte a una tale frammentarietà di avvenimenti nel ‘lungo Cinquecento’, pare necessario agli organizzatori che lo studio del rapporto tra dorsale cattolica e dorsale alpina sia portato avanti con un’analisi dettagliata dei casi specifici, che tuttavia non dimentichi il quadro più ampio in cui i singoli casi si inseriscono.

Tra gli argomenti che si vorrebbero trattare vi sono:

  • Arcivescovi e vescovi, con un’attenzione speciale ai vescovi ‘riformatori’. Oltre a quello borromaico, la dorsale cattolica conobbe anche altri modelli?
  • Province ecclesiastiche. La dorsale alpina si caratterizzò per la presenza di alcune grandi provincie ecclesiastiche (Milano, Torino, Vienne, solo per citarne alcune). Come i vescovi interagivano con le sedi metropolitane, specialmente nei momenti di contrasto (se non di guerra) tra le autorità politiche cui erano legati vescovi suffraganei e metropoliti?
  • Vescovi e vescovadi ‘in esilio’. Si pensi in particolare al vescovo di Ginevra, mossosi con il proprio capitolo ad Annecy; a quello di Coira, normalmente residente in Val Venosta, nei territori austriaci della diocesi; o, ancora, al vescovo di Basilea. Paiono particolarmente interessanti da indagarsi i loro rapporti con il potere politico, specialmente quando non conflittuale.
  • Vicari, arcipreti, collegiate. Data la vastità e la conformazione geografica di alcune diocesi, una parte significativa dell’azione dei vescovi venne portata avanti in loco da ‘supplenti’. Si pensa soprattutto ai vicari, ma si vorrebbero indagare anche i casi in cui l’azione dei vescovi si appoggiò agli arcipreti o alle collegiate. Sarebbe importante comprendere pienamente il ruolo di queste due ultime istituzioni, in particolare come valvola di trasmissione tra i fedeli del luogo, il potere politico, e quello vescovile. Sarebbe poi interessante estendere l’analisi al reclutamento e ai metodi di selezione di questo ‘alto clero’ di montagna.
  • Elezione dei parroci. Un caso specifico del Cattolicesimo alpino, sin dal Medioevo, è l’abitudine delle comunità locali di eleggere, e di stipendiare, i propri sacerdoti. In diverse località, la pratica è ancora attestata per tutto il Cinquecento. In alcuni contesti, come ad esempio le valli valdesi settentrionali, o la Bregaglia, erano presenti anche comunità riformate che pure eleggevano i propri ministri. La pratica fu mai contestata, magari pretestuosamente, proprio in nome della vicinanza alle pratiche dei protestanti?

Gli organizzatori sono particolarmente interessati a valutare proposte di comunicazione (della durata di 25 minuti circa, cui seguirà discussione) che si occupino di case studies, con preferenza per quelle proposte che tengano presente anche una prospettiva comparativa.

Le lingue del convegno sono l’italiano, il francese e l’inglese. Gli organizzatori si riservano comunque di prendere in considerazioni proposte di comunicazione in tedesco.

È prevista la pubblicazione degli Atti del convegno.

Il progetto si inserisce nelle attività della tâche 2, Les modèles pastoraux, del progetto internazionale finanziato dall’ANR LoDoCat. Chrétientés lotharingiennes-Dorsale catholique, IXe-XVIIIe siècles, e di cui sono parte le università di quattro paesi: per il Belgio, l’Université de Liège (Transitions); per la Francia, l’Université de Lorraine (CRULH),) l’Université d’Artois (CREHS), l’Université de Franche-Comté (LSH), l’Université Lyon 3 (LARHRA), e l’Université de Savoie Mont-Blanc (LLSETI); per il Lussemburgo, Université de Luxembourg (Institut d’Histoire); per l’Italia, l’Università degli Studi di Milano (Dipartimento di Studi Storici).

Organizzatori

Maria Benedetti (Università degli Studi di Milano)

Claudia di Filippo Bareggi (Università degli Studi di Milano)

Stefano Levati (Università degli Studi di Milano)

Comitato scientifico

Christine Barralis (Université de Lorraine)

Marina Benedetti (Università degli Studi di Milano)

Antonio De Francesco (Università degli Studi di Milano)

Claudia di Filippo Bareggi (Università degli Studi di Milano)

Stefano Levati (Università degli Studi di Milano)

Frédéric Meyer (Université de Savoie-Mont-Blanc)

Stephano Simiz (Université de Lorraine)

Le proposte di contributo possono essere inviate ai seguenti indirizzi e-mail:

federico.zuliani@gmail.com   braghig@tcd.ie

 

Dorsale catholique et dorsale alpine au long XVIe siècle,

entre pouvoirs politiques et Contre-Réforme

Università degli Studi, Milano (2017)

Plusieurs décennies se sont écoulées de la première parution de la définition de Dorsale catholique par René Taveneaux. Avec cette expression on veut désigner l’espace de frontière qui se situe dans les limites de l’ancienne Lotharingie, et qui marquait, et marque encore aujourd’hui, la séparation entre l’Europe catholique et l’Europe protestante. Cette ligne de démarcation, tracée à partir des Pays-Bas du sud, traverse la Lorraine et la Savoie pour aboutir à la Lombardie et à L’Autriche Intérieure. Cette Dorsale, selon Taveneaux, est caractérisée par la présence d’un catholicisme particulier aux traits communs. Jusqu’à maintenant, en dépit de la fortune de ses recherches (spécialement dans l’historiographie de langue française), il semble aux organisateurs que la dimension alpine de la Dorsale n’ait pas encore été étudiée per se. La journée d’études a l’ambition de combler ce manque. La question centrale qui on veut poser est si, entre XVe et XVIIe siècle – avant cette ‘crise janséniste’ qui a été le sujet principal des recherches de Taveneaux – la Dorsale catholique alpine était simplement une frontière à la fois confessionnelle et géographique, ou plutôt elle présentât déjà certains traits communs. Et si ces traits étaient déjà présents, on se demande s’ils étaient dus à certaines particularités géographiques et culturelles partagées par les populations de l’arc alpin, ou plutôt s’il faudrait les reconduire à l’évolution du catholicisme de la fin du Moyen-âge ou à l’affirmation du catholicisme post-tridentin.

D’un point de vue géographique, les zones que l’on voudrait prendre en examen correspondent, avec une nécessaire approximation, aux zones préalpines et alpines des diocèses historiques d’Aoste, Bâle, Belley, Bergame, Besançon, Brescia, Bressanone, Coire, Côme, Constance, Embrun, Genève (avec son siège à Annecy), Grenoble, Ivrée, Lausanne, Maurienne, Milan, Novare, Sion, Tarentaise, Turin, Vienne. Il s’agit de territoires que, suite à l’affirmation de la Réforme, se retrouvaient à la frontière du catholicisme : certains finirent par confiner directement avec des pays protestants (parfois en perdant parties de leurs diocèses), alors que d’autres, en dépit du manque d’un contact direct avec les protestants, étaient toutefois assez proches d’eux pour en avoir familiarité, souvent grâce aux flux de personnes à travers les passages de montagne et à l’échange de marchandises, d’ouvriers et d’artisans. D’un point de vue chronologique, la journée d’études voudrait se consacrer à la période entre le XVe siècle jusqu’aux premiers décennies après la pacification de Westphalie.

Face au caractère très fragmentaire des évènements de ce ‘long seizième siècle’, il paraît nécessaire aux organisateurs que l’étude du rapport entre Dorsale catholique et Dorsale alpine soit mené avec une analyse détaillée des cas spécifiques, qui toutefois ne fasse pas passer à l’arrière-plan le cadre global dans lequel ces cas s’insèrent.

Parmi les sujets traités :

  • Archevêques et évêques, avec une attention spéciale aux évêques ‘réformateurs’. La Dorsale catholique connût-elle d’autres modèles outre à l’exemple de Borromée?
  • Provinces ecclésiastiques. La Dorsale alpine se caractérisait par la présence de grandes provinces ecclésiastiques (par exemple Milan, Turin, Vienne). Comment les évêques interagissaient avec les sièges métropolitains, spécialement pendant les périodes de contraste ou de guerre entre les autorités politiques auxquelles les évêques suffragants et métropolites étaient liés ?
  • Evêques et évêchés ‘en exil’. On pense en particulier à l’évêque de Genève, demeurant à Annecy ; a l’évêque de Coire, normalement résidant en Val Venosta, dans les territoires autrichiens du diocèse ; à l’évêque de Bâle. Il serait intéressant de reconstruire leurs rapports avec le pouvoir politique – notamment dans les cas où ces rapports n’étaient pas conflictuels.
  • Vicaires, archiprêtres, églises collégiales. L’ampleur et la conformation géographique de certains diocèses obligeait les évêques de se servir de ‘suppléants’. On pense surtout aux vicaires, mais on voudrait aussi développer ce sujet pour arriver à l’investigation de certains cas où l’action des évêques se servait des archiprêtres et des églises collégiales. On voudrait mieux comprendre le rôle des deux dernières institutions en tant que points focaux entre fidèles du lieu, pouvoir politique et pouvoir religieux. Il serait aussi intéressant étendre l’analyse au recrutement et aux moyens de sélection de ce ‘haut clergé’ de montagne.
  • Election des curés. Un cas spécifique du catholicisme alpin, qui date du Moyen-âge, est l’habitude des communautés locales d’élire ses curés et lui donner un salaire. En plusieurs lieux, ces pratiques sont attestées pour tout le seizième siècle. En d’autres contextes, comme par exemples dans les vallées vaudoises septentrionales ou dans la Val Bregaglia, il y avait aussi plusieurs communautés protestantes qui élisaient aussi leurs ministres. Cette habitude fut-elle jamais contesté, même d’une façon prétentieuse, au nom de la proximité aux pratiques protestantes ?

Les organisateurs sont particulièrement intéressés à évaluer des propositions de communication (25 minutes environs plus discussion) qui s’occupent de case studies, avec une préférence pour les propositions qui tiendront compte d’une perspective comparative.

Les langues de la journée d’études sont l’italien, le français, l’anglais. Les organisateurs se réservent le droit de prendre en considérations des propositions en allemand.

La publication des Actes du colloque est prévue.

Ce projet rentre dans le cadre des activités de la tâche 2, « Les modèles pastoraux », du projet international financé par l’Anr LoDoCat. Chrétientés lotharingiennes – Dorsale catholique, IXe-XVIIIe siècles, duquel font partie les Universités de quatre pays : pour la Belgique, l’Université de Liège (Transitions) ; pour la France, l’Université de Lorraine (CRULH), l’Université d’Artois (CREHS), l’Université de Franche-Comté (LSH), l’Université de Lyon 3 (LARHRA), et l’Université de Savoie Mont-Blanc (LLSETI) ; pour le Luxembourg, l’Université de Luxembourg (Institut d’Histoire) ; pour l’Italie, l’Università degli Studi di Milano (Dipartimento di Studi Storici).

Organisateurs

Maria Benedetti (Università degli Studi di Milano)

Claudia di Filippo Bareggi (Università degli Studi di Milano)

Stefano Levati (Università degli Studi di Milano)

Comité scientifique

Christine Barralis (Université de Lorraine)

Marina Benedetti (Università degli Studi di Milano)

Antonio De Francesco (Università degli Studi di Milano)

Claudia di Filippo Bareggi (Università degli Studi di Milano)

Stefano Levati (Università degli Studi di Milano)

Frédéric Meyer (Université de Savoie-Mont-Blanc)

Stephano Simiz (Université de Lorraine)

Les propositions de contribution peuvent être envoyées aux adresses e-mail suivantes :

federico.zuliani@gmail.com   braghig@tcd.ie

 

 

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